Negli ultimi mesi, l’avvistamento in Spagna di un calabrone gigante proveniente dall’Asia ha fatto scattare l’allarme tra scienziati e apicoltori. L’episodio riapre il dibattito sulle specie invasive e sugli impatti che possono generare in ecosistemi già sotto pressione.
Un predatore ostinato e ben organizzato
Identificato come Vespa soror, questo imenottero si riconosce per il torace scuro e il contrasto marcato sull’addome, diverso dai più noti calabroni asiatici a zampe gialle. La taglia va da 26 a 39 millimetri, con regine che possono raggiungere i 46 millimetri.
Le colonie si insediano in nidi sotterranei, a volte fino a circa 30 metri di profondità, rendendo la ricerca e la neutralizzazione estremamente complesse. La specie tende ad agire in gruppo, coordinando attacchi fulminei.
Il bersaglio principale sono le api, pilastro della impollinazione; ma vengono predati anche altri insetti utili come libellule, mantidi e cavallette. Le conseguenze possono estendersi a cascata su colture, siepi, frutteti e fauna selvatica.
Impatti su ecosistemi e sicurezza
Gli esperti stimano un veleno molto potente, con un livello di pericolosità intermedio tra il calabrone europeo e il calabrone asiatico a zampe gialle. Il rischio aumenta vicino ai nidi, specie in caso di incontri fortuiti.
L’apicoltura è esposta a perdite dirette e indirette: colonie stressate, produttività ridotta e maggior vulnerabilità a patogeni. A livello ecologico, un predatore efficiente può alterare reti trofiche ben collaudate.
“È un campanello d’allarme che non possiamo ignorare: le invasioni biologiche si prevengono con rapidità, coordinamento e conoscenza condivisa,” afferma un entomologo coinvolto nel monitoraggio.
Oltre agli ambienti rurali, anche le aree periurbane possono divenire punti d’ingresso e rifugio, complice la molteplicità di microhabitat. Questo richiede sorveglianza capillare e canali di segnalazione chiari.
Perché accade adesso
La crescente globalizzazione facilita l’arrivo accidentale di insetti in imballaggi, carichi e piante ornamentali. Ogni falla nei controlli può trasformarsi in un vettore di introduzione.
Le condizioni climatiche di molte regioni europee risultano ormai adatte alla stabilizzazione di colonie, prolungando le stagioni di attività e migliorando la sopravvivenza invernale. È uno scenario favorevole alla diffusione.
Ridurre il rischio significa investire in prevenzione, in protocolli di identificazione rapida e in comunicazione tempestiva tra laboratori, autorità e operatori del territorio.
Azioni immediate e raccomandazioni
La scoperta precoce da parte dei team di ricerca consente di delineare misure rapide: identificazione dei focolai, eradicazioni mirate e confinamenti. L’Agenzia europea per l’ambiente (AEE) segue da vicino la situazione, consapevole dell’impatto su fauna locale e filiere apistiche.
Per la cittadinanza e gli operatori, alcune buone pratiche possono fare la differenza:
- Non avvicinarsi a presunti nidi e non tentare rimozioni autonome.
- Segnalare rapidamente gli avvistamenti a autorità locali o reti di citizen science.
- Proteggere gli apiari con barriere e dispositivi selettivi testati dagli specialisti.
- Evitare l’uso di trappole fai-da-te non selettive, dannose per altri impollinatori.
- Curare la pulizia delle aree di deposito rifiuti organici che attirano insetti.
- Coordinarsi con associazioni di apicoltori per condividere avvisi e protocolli.

Identificazione e segnalazione efficaci
Riconoscere rapidamente il Vespa soror è cruciale: dimensioni imponenti, torace scuro uniforme e comportamento cooperativo durante gli attacchi, con pattugliamenti prolungati davanti agli alveari. Ogni dettaglio documentato con foto e coordinate aiuta gli esperti.
Le squadre specializzate possono intervenire con dispositivi di protezione, tecniche di localizzazione acustica e termica, e trattamenti mirati per neutralizzare i nidi sotterranei in sicurezza.
L’obiettivo è spezzare la catena di colonizzazione prima che l’insetto si stabilizzi in modo irreversibile in nuovi habitat.
Guardare avanti
La risposta europea dovrà integrare controlli alle frontiere, formazione tecnica e investimenti in ricerca su attrattivi selettivi e metodi di contenimento. La cooperazione transfrontaliera limiterà varchi e ritardi informativi.
In parallelo, servono campagne di sensibilizzazione per tradurre l’allerta in comportamenti responsabili, evitando panico e improvvisazioni. La tutela della biodiversità dipende anche da queste scelte quotidiane.
Se agiremo con tempestività e metodo, l’arrivo di questo calabrone gigante potrà restare un episodio circoscritto. In caso contrario, rischiamo una pressione duratura su api, agricoltura ed ecosistemi europei.
