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Il mare d’inverno e l’uomo

Tempo di Lettura: 4 minuti La storia di oggi parla dell’animo umano, delle sue debolezze e del mare d’inverno. Un racconto che parla di tutti noi dal finale inaspettato.

il mare d'inverno- Credit by: pixtury.com

Il mare d’inverno è un posto magico, dove davvero i propri pensieri sembrano trovare una forma. Ma andiamo con ordine.

Ci sono dei giorni nella vita in cui sembra che tutto il mondo stia crollando addosso a noi. I massimi pensieri sull’essere positivi non funzionano, sentiamo che tutto il nostro equilibrio stia venendo meno. Ed ecco che ogni tassello crolla sulla nostra testa. E allora cosa si fa? Si scappa. Quel giorno presi le chiavi della macchina come un folle che doveva scappare da quel posto. Dovevo effettivamente scappare da quel posto. Infilai le scarpe da ginnastica, presi le chiavi di casa e corsi giù al box a prendere la mia macchina nuova. Si ho un box e una macchina nuova. Questo vi può far capire che in realtà i miei problemi non erano legati ai soldi, tanto meno alla salute. Ero proprio io che stavo impazzendo.

L’inizio del viaggio

Tutti voi penserete “la gente si crea problemi anche quando non ne ha”. Forse avete ragione, ma io sono sempre stato così. Da quando ero piccolo e la maestra mi sgridava perchè guardavo fuori dalla finestra durante la lezione di matematica, in adolescenza quando preferivo fumare in giardino durante l’ora di inglese e la professoressa puntualmente mandava a chiamare mia madre. Quando a 20 anni incontrai lei e preferivo comunque passare il tempo a scrivere piuttosto che uscire come fanno tutti i ragazzi innamorati. Alcuni la chiamano inquietudine, altri male di vivere, altri non sanno proprio come definirla. Per me era solo convivere con una parte di me che mi faceva essere diverso.

La cosa peggiore di questa mia caratteristica è che lei viveva dentro di me e doveva essere ascoltata. Sapete quante volte ho provato ad andare contro la mia natura? A diventare un ragazzo normale senza “momenti di assenza”? Mi omologavo alla massa, andavo a ballare, facevo il cretino con le ragazze. Poi tornavo a casa e stavo male. Ma male come può far star male una colica o una fitta fortissima allo stomaco che non ti fa respirare. Lei pretendeva di essere ascoltata.

Questa estate mi illusi di aver trovato una via di uscita. Saranno i soldi, le ragazze, il mare e il sole, pensavo onestamente di averla fatta franca. Quella parte di me si era come assopita e io mi sentivo il campione del mondo. Ero sicuro che adesso che ero riuscito a scacciarla potevo vivere serenamente godendo di tutto ciò che mi circondava. Me lo ero anche meritato.

Ma arrivò settembre e poi ottobre, novembre e dicembre. Quella voce, quella mia voce che tanto avevo voluto scacciare da quando ero piccolo non tornava più. E io mi sentivo per la prima volta perso. Giravo per la stanza senza capire. Senza capirmi. Cosa stava succedendo?

Quella particolare mattina non ricordo bene cosa successe, ma sentii che quel silenzio dentro me era diventato insopportabile. Ero con tutti i miei amici a mangiare e chiacchierare e ridere e divertirci. Ad un certo punto capiì che la persona in quella stanza non ero io. Era una copia molto fedele a me, ma io non c’ero. Dovevo andare via. Mi alzai di botto dal tavolo dicendo parole poco sensate che nessuno capi. Erano a casa mia, ma non importava. Io dovevo andarmene. E me ne andai.

Guidai come un matto per ore. Ore in cui pensai a tutto e a nulla. Mi scorreva la vita davanti alla velocità con cui percorrevo quell’autostrada che mi avrebbe portato non so dove. Volevo essere solo.

Il mare d’inverno

Arrivai al mare e mi fermai. Avevo i crampi alle gambe per quanto guidai, mi sentivo esausto. Nel momento in cui scesi dalla macchina il freddo e l’umidità della notte mi colsero oltrepassando il cappotto e il maglione infilandosi dentro la pelle, fino a raggiungere le ossa, il cuore, i polmoni. Decisi di sedermi sulla spiaggia. Il rumore delle onde del mare che si infrangevano sui piccoli scogli sulla spiaggia mi sembrava quasi una ninna nanna, sentivo la sabbia umida sotto i palmi delle mie mani. La verità è che mi sentivo un coglione e solo in quel momento avevo avuto il coraggio di dirmelo. Iniziai a piangere cullato dal suono delle onde.

La mattina dopo feci colazione ad un bar davanti la spiaggia. Il padrone era piuttosto grasso con un viso paffuto e sorridente, gli chiesi un cappuccino con latte scremato e un cornetto.

“Lei è proprio un uomo fortunato, sono pochi i bar aperti davanti al mare d’inverno.” Mi disse così mentre mi passava il cornetto. “Ah si? pensavo foste aperti tutto l’anno”.

“Eh no, qua si campa con i soldi dei 6 mesi estivi”

“E lei perchè è aperto allora?”

“Perchè mi piace lavorare, tenere in ordine le mie cose, dare un senso alle giornate, essere di esempio ai miei figli. E tu che fai per campare?”

Gli sorrisi e non risposi. Io non faccio nulla pensai. Anche se non era vero, mi sembrava che tutto non avesse senso.

Presi di nuovo le chiavi della macchina e misi in moto. Era ora di tornare a casa.

Abbiamo volontariamente deciso di non dare un finale a questa storia. Quanti di voi hanno avuto momenti come questi? In cui non si riesce a trovare la propria strada? Ecco non basta una corsa, una notte fuori o una chiacchierata per rimettere tutto in ordine. Ci vuole lavoro, parlare con persone competenti e la vera voglia di rimettersi in gioco. Abbiamo quindi voluto dare voce ad un inizio, un inizio di consapevolezza. Ognuno nel proprio cuore sa come finisce questa storia. (Può una storia d’amore salvare il mondo? scopritelo leggendo il nostro racconto!)

 

 

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Ultima modifica: 14 Marzo 2020
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