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Lettera da una corsia di un ospedale

Tempo di Lettura: 3 minuti Sesta storia per il Decamerone di Hai sentito che musica. Anche in un ospedale si può trovare il calore umano di un sorriso, dedicato a tutti coloro che stanno soffrendo.

Lettera da una corsia di un ospedale

Vagavo per i corridoi di quell’ospedale senza capire bene dove fossi. Giravo tra corridoi dall’aspetto simile. Radiologia, tac, sala risonanza magnetica. Sembrava tutto uguale. Sembrava avere tutto lo stesso odore. Non avevo ancora capito come la mia vita fosse finita lì dentro. Perché stesse capitando proprio a me. I corridoi degli ospedali sembrano tutti uguali: le pareti per metà colorate di un giallo ocra che “trattiene bene lo sporco” diceva sempre mia nonna e l’altra metà di verde. Un verde nè bottiglia nè scuro. Un verde ospedale. Chissà perché il verde. Forse per dare speranza ai malati. Forse perché trattiene lo sporco ancor meglio del giallo.
Quel corridoio mi ricordava il viaggio di Dante fino ad arrivare davanti alla porta dell’inferno. “Lasciate ogni speranza o voi che entrate”.

Il reparto di oncologia di un ospedale

Entrare in ospedale nel reparto di oncologia è come oltrepassare una soglia di cui nessuno vuole parlare, che tutti fanno finta non ci sia. Forse per questo era l’ultimo reparto del piano -1 dell’ospedale. Ci arrivavi solo se lo conoscevi, come per lasciare quell’angoscia lontana da coloro che non dovevano entrare a contatto. Io ne ero venuta a contatto, non so neanche io come poteva essere successo.
Credevo che non avrei potuto odiare nessuno posto di più di quel reparto. Ogni attesa era un’angoscia, ogni visita un verdetto, ogni sguardo una verità. E intorno solo persone malate, malate vere. O gente come me, i parenti. Se soffrire di una malattia come il Cancro è lacerante lo è ancora di più vedere una persona che ami essere colpita da questa malattia. Perché sei impotente. Sei impotente davanti al dolore, sei impotente davanti alla malattia che avanza. Non sei nulla. Per questo credevo che avrei odiato quel posto con tutte le mie forze, per questo credevo che sarebbe stato il mio nemico.

La famiglia è il posto in cui ti senti a casa

Ogni attimo là dentro era “un attimo di vita perso” pensavo. Non era così. L’angolo delle chemio era piccolo, sembrava un piccolo salottino a pensarci bene. C’erano le signore più grandi che sferruzzavano lavori a maglia per passare il tempo, le più giovani parlavano dei loro figli mostrando orgogliose le loro foto sui telefonini. Come erano belli.
Uno dei giorni in cui mi trovai li ad accompagnare capì che stavano vedendo un programma in TV e che erano tutte intente a commentare una scena: si trattava di Uomini e Donna ed era il bacio di Alessia e Aldo. Persino i medici si fermarono a fare salotto, le infermiere dicevano la loro su quella coppia formata sullo schermo. Era una famiglia infondo, una famiglia che curava l’un l’altro non solo attraverso le gocce del liquido che scendevano dalla flebo, ma attraverso sguardi complici, affetto e amore verso il prossimo. Perché il prossimo siamo noi. Tutti noi.

La felicità è ovunque, siamo noi a doverla saper cogliere.

Quando la situazione si aggravò pensai a quei giorni lontani e mi rincuorarono. Erano stati felici, pazzesco credere che dei giorni nella corsia di un reparto di oncologia possano esserlo vero? Eppure ancora adesso ripenso sorridendo a quegli attimi di normalità. Era la nostra normalità, fatta di attese, di controlli, di ansie. Ma anche di gente che ti sapeva accogliere, capire, far ridere quando da ridere non c’era proprio niente. Eppure ridevamo, perché la vita sgorga sempre più forte di ogni cosa. Anche della morte.
Adesso che è tutto finito mi trovo spesso a parlare con Dio e a ringraziarlo del tempo che mi ha concesso con lei. Non sono mai stata arrabbiata con lui, sapevo che stavamo giocando la stessa partita. Era solo finito il nostro tempo e di questo nessuno poteva farci nulla. Neanche lui che è l’altisimo! Ma quei momenti di felicità, di rarefatte risate e assurda ironia me li porto nel cuore. Perché mi hanno insegnato che la felicità è ovunque, siamo noi a dover saperla cogliere.

Dedicato a tutti coloro che combattono.

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Ultima modifica: 10 Marzo 2020
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