Due chiacchiere con Dymo, giovane cantautore siciliano alle prese con il suo primo album Altri pianeti prodotto da Ombre cinesi, produttore dell’etichetta discografica Fragola Dischi. Il disco racchiude otto storie differenti ma legate dalla scrittura e dal modo di cantare del cantautore.
Quando nasce il progetto Dymo e come mai hai deciso di utilizzare questo nome per rappresentarti?
Il progetto Dymo è nato soltanto un anno fa. Dopo aver passato gli anni della mia adolescenza a suonare in giro nei locali della mia città, Catania, con degli amici, ho preso la decisione di continuare da solo mettendomi realmente in gioco e investendo in quella che era ed è tuttora la mia più grande passione: la musica. Ammetto che il mio nome d’arte sia un nome abbastanza particolare: deriva dal titolo di una delle canzoni del penultimo album dei Verdena; è dunque un mio personale omaggio alla mia band italiana preferita, fonte di numerose ispirazioni.
Che tipo di musica ascolti?
Mi ritengo un ascoltatore molto aperto a vari generi musicali. Oltre ai Verdena, adoro gli Afterhours e gli A Toys Orchestra, anche se considero come guru Niccolò Fabi, Riccardo Sinigallia e Colapesce, a mio modo di vedere i migliori cantautori italiani dei nostri giorni. Indubbiamente la musica italiana ha avuto una grande influenza in quello che sono oggi. Nonostante ciò, adoro il post-rock dei Sigur Ros e dei Mogwai, per non parlare di macigni storici quali i Radiohead, i Nirvana e i Pink Floyd.
C’è un brano che ha “aperto” Il tuo primo album “Altri pianeti” ?
Nel momento in cui ho definito quello che poi è diventato il ritornello di Invano, non ho avuto dubbi. Invano è stato il brano che più mi ha indirizzato verso la creazione di qualcosa di più grande.
Come mai questo titolo?
I suoni che abbiamo inserito in questo album sono dei suoni molto particolari, eleganti, elettronici e quasi onirici. Chiudendo gli occhi e aprendo il cuore, a progetto finito questo album ci ha portati alla scoperta di mondi inesplorati e intriganti: ogni canzone è un pianeta da esplorare, un pianeta diverso, un pianeta che non esiste. Ecco perché si è optato per Altri pianeti come titolo dell’album.
Cosa speri di comunicare a chi ti ascolta?
Sono convinto che la musica sia interpretazione e soggettività. Questi brani sono parte di me come possono essere allo stesso tempo parte di chiunque. Mi piace pensare che ogni ascoltatore possa crearsi una sua particolare storia durante l’ascolto dei miei brani, senza avere la presunzione di imporgli un determinato messaggio.
A cosa stai lavorando in questo momento?
Da fine Luglio andrò un po’ in giro a suonare. Ultimamente sono anche ritornato in studio, chissà se ci sarà una ulteriore sorpresina…
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