In occasione del Premio Kinèo tenutosi lo scorso 4 novembre a Roma, abbiamo scambiato quattro battute con Pupi Avati.
Regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e scrittore, Pupi Avati (all’anagrafe Giuseppe Avati) è una delle personalità che ha contribuito a rendere celebre il cinema italiano. Folgorato dalla visione di 8½ di Fellini, Pupi Avati decide di cambiare totalmente la sua vita e tentare la strada del cinema. Il resto è storia che tutti noi conosciamo.
Come descriverebbe Cinema Italiano dal suo punto di vista?
Il Cinema Italiano secondo me sta vivendo una crisi dovuta a regolamenti che non lo proteggono. Si fanno dei Festival come quello di Venezia e di Roma dove si stendono tappeti rossi solo per il cinema Americano. Siamo totalmente colonizzati. In Francia tutto questo non accade. Noi siamo genuflessi e ripiegati verso un cinema che ci ha colonizzato. Basterebbe prendere la legge francese, copiarla e applicarla da noi.
In questo scenario che lei descrive, quanto è attuale ancora il cinema italiano?
In questo scenario lo è poco perchè realizza in prevalenza commedie e si pensa che con la commedia si risolvano tutti i problemi. Non è così, bisognerebbe ricandidare i vari generi cinematografici. Noi quest’anno abbiamo fatto un film di genere horror. Negli anni 70-80 il film horror italiano si esportava in tutto il mondo.
Qual è il consiglio che si sente di dare a tutti i giovani registi che si stanno approcciando a questo mondo?
Cercare di osare, ma soprattutto di avere un loro sguardo e un loro punto di vista anche di carattere culturale. Non essere troppo cinefili, non guardare troppo la cinematografia degli altri cercando di imitarli, perchè così si perde in personalità. L’identità personale è un punto di forza non solo nel cinema, ma nella vita: come ti vesti, come parli, come mangi. Siamo troppo ed esageratamente omologati, siamo un paese in cui i ragazzi hanno il timore di avere una personalità. Anche proprio di correre quando tutti rallentano e rallentare quando tutti corrono, invece da ragazzi bisogna avere questa sfrontatezza di candidare se stessi.