Il fabbricante di ricordi, Roberto Casalino, crea le colonne sonore della nostra vita da più di 10 anni. Potremmo chiamarlo Mister Disco di Platino visti i numerosi successi, ma, ancora di più, è un artista che è entrato nel cuore delle persone riuscendo a scrivere canzoni che parlassero di tutti noi. Della sua gente.
Il 13 settembre 2019 è uscito il suo album Il Fabbricante di Ricordi, una raccolta di 13 tra i suoi brani più famosi pubblicati negli ultimi 10 anni. Da Non Ti Scordar Mai di me, a Mi Parli Piano fino a L’essenziale, il brano che vinse Sanremo nel 2013 con Marco Mengoni.
La peculiarità dei pezzi di Roberto Casalino è la straordinaria capacità di descrivere le emozioni umane e renderle fruibili a tutto il pubblico. Roberto ha l’abilità di entrare in empatia con i sentimenti delle persone che sentono immediatamente propri i suoi brani. Come un cappotto il giorno in cui nevica, come la cioccolata calda il giorno di Natale.
Ogni uomo ha un dono, il suo è senza dubbio quello di trasformare in parole i sentimenti della gente. E questo è davvero un merito di pochi.
A pochi giorni dal suo concerto all’Auditorium Conciliazione (il 23 novembre con ospite Alessandra Amoroso), vi proponiamo la nostra intervista a Roberto Casalino.
Parliamo subito del tuo ultimo album: Il Fabbricante di Ricordi. Non poteva esserci titolo più opportuno in quanto parliamo di pezzi che racchiudono 10 anni di musica italiana. Come è nata questa idea?
L’idea dell’album era dentro di me da diversi anni. Chi mi segue da tempo aspettava un disco che raccogliesse gran parte delle canzoni che ho scritto. Io ho pensato fosse questo il momento giusto per pubblicarlo per celebrare questi 10 anni di pubblicazioni di brani dal 2008 al 2018.
Quindi hai scelto di inserire tutti brani che hai scritto in questi 10 anni di vita.
In realtà più che scritti pubblicati. Ci sono alcuni pezzi che ho scritto prima del 2008 come Non Ti Scordar Mai di Me o Diamante Lei e Luce Lui. Questo album vuole davvero essere un punto per guardare quello che ho fatto in tutti questi anni.
Questo titolo così appropriato, Il Fabbricante di Ricordi, come lo hai scelto?
In realtà il titolo non è farina del mio sacco, ma è un appellativo che mi ha dato Stefano Mannucci durante uno showcase a Roma in cui ha sfidato il pubblico a non avere almeno un ricordo legato ad una mia canzone. Io per lui non ero un semplice cantautore, ma un Fabbricante di Ricordi. Ho messo da parte questo appellativo e ho chiesto poi l’autorizzazione per utilizzarlo come titolo.
I tuoi brani sono tutti grandissimi successi, probabilmente proprio perché riesci ad entrare in empatia con le persone. Come nascono i tuoi pezzi?
Guarda io penso che indifferentemente dalla forza di una melodia o di un testo, quello che porta un brano al cuore delle persone è l’autenticità, scrivere facendo in modo che tu ti metta a nudo e che tu possa mettere a nudo le tue sensazioni. In qualche modo io vado a raccontare l’esistenza e la natura del sentimento umano che accomuna un po’ tutti. Quello che forse mi differenzia dagli altri autori è un tipo di sensibilità che è tutta mia e che si sente poi nel brano, nella scelta delle parole. Quello che molti chiamano il marchio di fabbrica: fare in modo che chiunque ascolti la tua melodia o il tuo testo si possa riconoscere già dalle prime parole. Io non sono un artigiano della canzone, io scrivo davvero solo quando ho un’esigenza e questo, se vuoi, è anche una sorta di egoismo. Lo faccio in primis per me, è chiaro che poi mi auguro che la canzone arrivi a più persone possibili. Ma quando scrivo è importane che quel testo dia la chiave a me per risolvere un dilemma.
Com’è stato portare live i tuoi brani?
Io in realtà nasco come cantautore quindi non c’è una differenza tra la scrittura e portare su un palco le canzoni poiché sento la necessità di farlo. Queste canzoni le ho lasciate libere di andare, ma non mi sono mai separato da loro. In qualche modo hanno fatto un viaggio molto lungo, ma riportarle a me e riproporle al pubblico con la voce di chi le ha scritte, talvolta impreziosendole con la voce di chi le ha portate al successo, fa si che questo disco sia quasi un album di inediti. In qualche modo è come se la gente conoscesse già le parole, ma trovasse brani nuovi ogni volta che li cantavo.
E’ bello ritrovare questi brani cantanti anche in una chiave maschile visto che spesso si tratta di pezzi interpretati da donne.
Esatto, si tratta proprio di questo.
E’ dal 1999 che fai musica. Qual è stata l’emozione più grande che hai vissuto in questi 20 anni di musica?
Alla fine è la somma di tutto che fa la differenza. Ogni esperienza ha fatto si che io sia come sono ora, come uomo e come artista. A volte avrei voluto vivermi di più i traguardi e un po’ meno le sconfitte, mentre io sono uno che enfatizza le sconfitte fino a starci male e le vittorie, una volta raggiunte, non le considero quasi più. Dietro ogni traguardo, però, c’è un grande lavoro e bisogna saperlo riconoscere. Forse questo album l’ho fatto anche per questo: per riconoscermi questo merito. Aver incluso tutti i brani in un unico progetto, fa si che io lo guardi e mi dica: “cavolo però di cose ne hai fatte! Adesso riconosci che sei bravo e poi domani ricominci a tormentarti! Ma ora goditi anche questo!!”.
Quando hai scritto L’essenziale, brano che vinse Sanremo nel 2013, ti sei accorto che avevi una bomba tra le mani?
NO! Io ero l’unico che non lo aveva capito! L’ho scritta talmente velocemente, in 15-20 minuti che davvero non la riconoscevo come mia. La struttura infatti è molto classica e il testo non è di amore, ma è piuttosto esistenziale. E’ stato come vomitare qualcosa che avevo dentro. Nei giorni avevo appuntato dei pensieri, ma era tutto molto disordinato. Quando ho scritto la canzone non l’ho neanche registrata con la mia voce, piuttosto ho chiesto ad un mio amico cantautore di farlo per me perchè non sapevo proprio come interpretarla. E lui l’ha fatta in un modo molto lineare voce e chitarra. Solo dopo mi sono reso conto che era un pezzo forte con un suo peso specifico.
Progetti per il futuro e collaborazioni che ti piacerebbe realizzare?
Mi piacerebbe molto lavorare con Carmen Consoli. Lei è stata un’artista con cui sono cresciuto nei primi anni 90. Soprattutto con i suoi primi quattro dischi, lei mi ha indicato il tipo di linguaggio che avrei voluto usare per emozionarmi. Quel suo essere diretto mi tagliava davvero in due, quindi oggi è proprio lei il primo nome che mi viene in mente. L’esigenza più grande però è quella di portare live questo disco e lo farò il 23 novembre alle ore 21:00 all’Auditorium Conciliazione. Non sarà un semplice concerto, ma ci sarà un corpo di ballo, un quartetto d’archi oltre ai miei musicisti. Ci saranno coreografie e scenografie di altissimo livello quindi gli spettatori vedranno uno spettacolo a 360 gradi!
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