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Sperimentazione e internazionalità: Tho.mas e il suo album Variations

Scritto da Federica Giuliani

Conoscere Tho.mas  (al secolo Thomas Costantin) è stata una vera e propria possibilità di entrare nel mondo della musica elettronica percorrendo la strada dell’arte.

Il suo album, Variations, ricorda ciò che è stata l’arte contemporanea negli anni 60 e lui  è decisamente un perfetto padrone di casa nell’illustrare la sua musica e il percorso che lo ha portato a comporla.

C’e tutto di lui in questo album: la sua passione per la musica e per la scoperta di essa in ogni sua forma, l’amore per l’arte e i gatti. Per questo, il merito va al pittore metafisico Gian Filippo Usellini che ha realizzato la copertina del suo album. Un lavoro del tutto emblematico.

Ecco le sue parole, le nostre curiosità e il suo mondo tutto da scoprire. Noi ne siamo rimaste del tutto affascinate.

Come è nata la tua passione per la musica che ti ha portato a fare un album come Variations?

Per me il risultato di questo album è un grande puzzle. Io da quando ho 15 anni ho ascoltato musica quasi ininterrottamente anche 12 ore al giorno. Sia per passione che per lavoro. Ho iniziato a 17 anni a fare il dj, ma è iniziato davvero come lavoro dal 2012 quando ho iniziato a suonare nei club. Per tutti questi anni c’è stata un’enorme ricerca e poi pian piano ho iniziato a fare delle cose io. Ho fatto un EP lo scorso anno auto-prodotto dove, a mio avviso, già c’era della poetica. Quando c’è stata la possibilità di fare un disco intero, ho voluto sperimentare tutto quello che avevo ascoltato. Ho rielaborato certe tematica, certi suoni. Per me questo album è un esperimento, poi  è uscito bene! Ma la cosa più importante è che io ho imparato tanto da questo progetto, ad esempio a lavorare sulle ritmiche. Quando c’è stato da scegliere il disco, ho deciso da subito che volevo fare un album da compositore, non da Dj perché era bello iniziare a pensare in un altro modo.

Quanto è importante sperimentare per un Dj?

Assolutamente tanto. Io poi ho sempre lavorato in ambiti tanto diversi, non solo nei club, ma colonne sonore per sfilate, per eventi in ambito artistico come ad esempio la Biennale. Ovviamente cambia anche il pubblico che si ha davanti e la situazione. L’adattabilità è essenziale se si vuole fare questo lavoro ed è anche la crescita maggiore. Io poi personalmente non ho snobismo musicalmente quindi mi trovo ad avvicinarmi a generi molto diversi che non sono neanche nel mio background. La sperimentazione è quindi fondamentale perché ti porta a risultati interessanti.

Hai creato sound per sfilate ed eventi di Gucci, Valentino, Dior, Moschino. Come ti approcci musicalmente ad aventi di questo tipo?

In realtà in tutti i modi. Prima di tutto si decide in base al tipo di evento. Una sfilata dura 15 minuti, mentre altre tipologie di eventi anche ore. Se devo comporre da zero ovviamente il lavoro ha una sua importanza anche proprio a livello di tempistiche. Se mi chiedono di fare “solo” ricerca è un altro approccio. Proprio di recente ho fatto un lavoro per un mio amico artista, che sta presentando un nuovo progetto editoriale New Gentleman’s club e qui ho realizzato delle scelte musicali. Ho lavorato sulla ricerca di archivio sia Italiana piuttosto che di altre parti del mondo, studiando principalmente la prima elettronica anni 90-2000. Unendo il tutto, è venuto un risultato molto interessante che uscirà nei miei canali. Di solito per gli eventi mi danno un tema, soprattutto  nella moda dove il tema è legato anche alla collezione. Io comunque porto sempre del mio, cercando di sperimentare sempre e non portare mai cose scontate.

Quello che si vede ascoltando il tuo album e anche osservandolo è che c’è una forte compenetrazione tra la tua musica e l’arte. Sembrano quasi simbiotiche e questa sensazione si ha anche sentendoti parlare. E’ come essere davanti ad un quadro. Quanto ha influito l’arte nella composizione dei tuoi brani?

Assolutamente mi ha influenzato! Spesso le immagini sono molto importanti e la musica le ricorda. La mia idea, che su alcuni pezzi è riuscita, ad esempio 2930 o il valzer ispirato alle poetiche di Michael Nyman, è proprio rimandare a delle immagini. Questo perché in realtà si rifanno ad un immaginario di film o teatrale o comunque legato ad altri mondi. Il fatto che la musica ti trasporti in delle immagini è una cosa per me chiave. Non siamo più in un momento in cui esiste solo il cinema, solo il teatro, solo la musica. Probabilmente non è mai stato così, adesso ancora di più. E’ tutto molto mescolato. Quindi, per me, riuscire a portare delle immagini nella musica, è fondamentale perché rispecchia quello che ho sempre voluto fare e che ho sempre amato. Diventa, a questo punto, un’esperienza multi-sensoriale. Non più solo un ascoltare un cd in macchina, ma un ascolto più attento e più profondo. Anche perché io l’ho sempre vissuta così quindi è bello proporlo anche agli altri. Nemmeno troppo intellettuale però, c’è dell’ironia nei miei brani, anche nei titoli. Questo perché non mi è mai piaciuto la cosa “per forza concettuale”. Lo scenario in cui viviamo è pop, il mio album non è assolutamente pop, ma ha dei richiami che possono comunque dare degli allure di quel tipo. Per me, infatti, è sempre stato importante rimanere con i piedi per terra quindi vivere nella società in cui siamo. Avere feedback positivi anche da persone lontane dal mio genere mi ha reso davvero felice.

Com’è portare un album di questo tipo, con un respiro fortemente internazionale, in Italia? E’ sicuramente una sfida portarlo nel nostro paese.

E’ assolutamente una sfida. Devo dire che finora i feedback che ho avuto sono stati molto buoni. Anche testate giornalistiche che trattano principalmente la musica pop, commerciale o comunque, se devono fare un pezzo da un musicista, lo fanno per artisti con delle major alle spalle, si sono molto interessanti al mio album perché hanno capito cosa c’è sotto. Questa cosa non me la aspettavo e sono stato piacevolmente colpito. L’Italia, come dicevi tu, non è terreno fertile per questo genere che ho portato, anche a livello di “Dj”. Solitamente il fine di un album come il mio, è quello di essere suonato dai Dj perché è un po’ il pubblico della musica elettronica, mentre questo è un album più da ascolto. Ci sono sicuramente dei pezzi che io ho già suonato e funzionano come Mother Nature, Futur Amour o Ira, però nel complesso non è del tutto fruibile neanche da quel pubblico. E’ un po’ ostica la questione, lo vedremmo con i live quanto si tratti di un prodotto anche Italiano e quanto potrà essere esportato. A me ovviamente piacerebbe molto, anche perché le collaborazioni che ci sono all’interno sono con artisti francesi. Io sono un amante della musica francese e del loro modo di ascoltare musica, anche perché se ne fregano delle mode. Loro fanno tutto e io li adoro per questo. Quando c’era da scegliere per le collaborazioni ho scelto artisti francesi che io ho amato.

Un club dove ti piacerebbe suonare estero?

Mi piacerebbe moltissimo suonare al Club Silencio di Parigi. Mi interesserebbe molto anche la Spagna, dove c’è una scena bellissima musicale in questo momento.

Thomas sarà live il 5 maggio al Plastic di Milano.

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Ultima modifica: 10 Luglio 2019
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