Valentina Gravili è tornata il 16 ottobre con il suo singolo Ci baceremo tra il filo spinato, arrangiato da Max Baldassarre con la produzione artista di Fernando Alba edito da Maqueta Records e distribuito da Artist First.
Dopo tantissime collaborazioni (Niccolò Fabi, Max Gazzè, Bandabardò, Carmen Consoli solo per nominarne alcuni) , tre album, riconoscimenti e ospitate nei più importanti Festival di Musica italiani la cantautrice pugliese lancia un messaggio potentissimo con il suo ultimo lavoro: rompere le acque, tagliare fili spinati con un bacio, abbattere le barriere create dai nazionalismi e che la delegittimazione della cultura e l’individualismo sfrenato continuano sciaguratamente a costruire.
Una cantautrice da una personalità definita che ben comprende l’importanza del fare musica e la realizza un po’ come un pittore farebbe con un suo quadro.
Sei un’artista che vanta tantissime collaborazioni, quali sono le esperienze che maggiormente ti hanno segnato nella tua carriera artistica?
Non credo che le collaborazioni abbiano segnato in maniera decisiva il mio percorso; sicuramente sono sempre state un arricchimento ma credo che siano soprattutto dei bei ricordi. Tra questi non potrò mai dimenticare l’incontro con Suzanne Vega quando ebbi la possibilità di aprire un suo concerto ed io, con l’ingenuità di una ragazzina di diciassette anni, mi proposi come “paroliera” per le sue canzoni e la collaborazione con Erriquez della Bandabardò, che ha tradotto una parte di un mio testo in francese (B.B.). Ha cercato con i suoi preziosissimi consigli di farmela pronunciare nella maniera più decente possibile. Ricordo ancora le nostre telefonate in cui lui tentava di farmi riprodurre i suoni giusti prima che registrassi le voci definitive dell’album. Ma forse, indirettamente, quello che mi ha più segnato è stato seguire in tour Nada (con cui condividevo la stessa etichetta discografica) ed aprire molti dei suoi concerti all’inizio della mia carriera. Era come andare a lezione da lei: finivo di suonare i miei brani, poi scendevo giù fra il pubblico e stavo lì a godermi la grandezza delle sue performance e delle sue canzoni e ad imparare quel mestiere che io avevo appena cominciato a fare.
Il Salento è una terra davvero benedetta a livello artistico, c’è un motivo secondo te per questa densità di talenti nata in una stessa terra?
Non saprei dirtelo, forse dovremmo affidarci a qualche ricerca antropologica a riguardo. Io posso solo fare qualche supposizione presumendo che, visto che fino a 20-25 anni fa la Puglia e soprattutto il Salento erano luoghi poco considerati e carenti di possibilità, questo loro essere “periferici” e fuori dai “giri” ha portato chi ci viveva ad avere una marcia in più rispetto a chi invece aveva tutto a portata di mano. Recentemente, invece, questi talenti, probabilmente nati da quella privazione originaria, sono stati valorizzati da alcune politiche della regione che hanno portato a dare rilievo a certe professionalità non solo nel campo della musica ma mi viene da pensare anche al cinema, alla Apulia Film Commission, a quanti ragazzi, partiti per studiare cinema fuori dalla loro regione ora stanno tornando perché la loro terra sta richiedendo figure professionali come le loro.
Hai preso una pausa tra il tuo ultimo album e questo singolo, Ci baceremo tra il filo spinato: hai trovato ciò che cercavi in questi anni?
Assolutamente no, in realtà non sono neanche sicura di sapere cosa stavo cercando. Probabilmente l’esigenza di continuare a scrivere deriva proprio da questa ricerca continua e inappagata che non si esaurirà mai perché non solo non si possono avere risposte definitive nè risultati definitivi ma neanche le domande restano sempre uguali.
Come hai scelto questo brano, Ci baceremo tra il filo spinato, per ritornare sulle scene?
L’ho scelto perché lo sentivo molto attuale e avevo l’esigenza di dire la mia su quello che sta accadendo negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi mesi in Italia e nel mondo. Assistere ad una crescita esponenziale di odio, razzismo, indifferenza, di attacco nei confronti dei più deboli del pianeta, mi ha portato a scrivere questo testo che parla invece dell’arricchimento che deriva dall’incontro e dall’accoglienza.
L’immagine del “ci baceremo tra il filo spinato che divide il mondo civilizzato” è molto forte. Cosa vuoi dire con questo brano?
Il brano è una preghiera a più voci e con più destinatari: è quella lanciata ad un’entità superiore da chi lascia la sua terra in cerca di possibilità; ma questa canzone è anche la mia invocazione affinchè si facciano piani seri di accoglienza e integrazione in un periodo in cui, invece, si assiste ad un ipocrita e brutale tentativo di criminalizzazione delle navi delle ONG da parte del così detto “mondo civilizzato” che invece di provare a risolvere i problemi continua soltanto ad ergere muri e barriere di filo spinato. Dal Mediterrano alla playa di Tijuana, fino alle ultime vicende nel nord della Siria le notizie che ci arrivano non fanno che confermare quanto sia fondamentale prendere una posizione netta riguardo questi temi.
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