Francesco Bianconi ha esordito da solista, mentre il suo gruppo storico – i Baustelle – sono in pausa fisiologica, “Non si sono sciolti”.
“Forever” è dunque il suo album d’esordio, che ha posto Bianconi in una situazione inedita per lui: lavorare da solo (certo, ha avuto musicisti e altri cantanti, tutti internazionali, al suo fianco, ma non ha costruito il disco con la band come ha sempre fatto finora). “È più difficile lavorare da soli”, mi ha raccontato, “Perché si è senza reti di protezione. La band è un collettivo in cui ci si aiuta. Però è anche vero che poi, come tutte le organizzazioni complesse, la band richiede del lavoro: da soli si va più veloci. È ovvio che da solisti ci sia meno lavoro di compromesso”.
“Forever” è un titolo definito, o così sembra. “Come titolo volevo il mio nome, ma mi hanno detto di no per le ricerche online. Però questo non è un disco concettuale, non sapevo che titolo scegliere che fungesse da ‘raccoglitore’ di tutti i brani. Poi ho visto una mia t-shirt con la scritta forever e ho pensato di usarla. Si capisce ovunque, ha un carattere internazionale e, per rispondere alla tua considerazione su quanto sia definitiva, la trovo una parola di buon auspicio. Per sempre: spero che queste canzoni non invecchino mai”.
“Forever” è una raccolta di brani con cui Francesco Bianconi si racconta senza reticenze, “È una cosa che non ho mai provato l’andare così liberamente, rispondere soltanto ai miei desideri. Mi sono mancati un po’ gli schermi che la band ti può dare, la protezione. Per fortuna mi sento in un momento in cui sono abbastanza corazzato per andare senza rete. Il disco penso ne sia la prova”.
Sì, decisamente “Forever” non scende a compromessi, né dal punto di vista dei testi né dal punto di vista musicale: è scarno, in alcuni brani addirittura essenziale, con la presenza importante di un ensemble d’archi e degli ospiti internazionali, tra cui Rufus Wainwright e Hindi Zahra. Con lei Bianconi ha cantato in arabo, “Il testo della canzone l’ha scritto lei”. In generale, e non solo per questo brano, “È stato un esperimento, volevo quasi che le canzoni fossero come un unico grande pezzo folk popolare e universale”.
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