Negli ultimi anni è diventato famigliare il concetto di “Kintsugi”. Da una manciata di giorni, questo è anche il titolo del disco di debutto di Manfredi. Il kintsugi è quella pratica giapponese di usare l’oro per aggiustate oggetti che si sono rotti. Le venature d’oro diventano così parte integrante dell’oggetto, e, anzi, ne accrescono il valore, la bellezza e l’unicità. “Andando oltre la semplice definizione da dizionario, ciò che apprezzo del kintsugi è che non cerca di nascondere le cicatrici, anzi, le mette in risalto impreziosendole con l’oro. Come le crepe dorate rendono unica una ceramica, io credo che le ferite rendano uniche le persone”, racconta Manfredi. Entrando in un discorso più propriamente musicale, “Lasciarsi conoscere da qualcuno significa condividerne i momenti tristi, perché i momenti felici si condividono con tutti”. Alla fine, il punto di vista estetico a Manfredi non interessava molto nella scrittura del suo disco: “Di solito ci si sofferma su questo aspetto del Kintsugi, a me invece interessava l’idea del ricostruire, che risente dell’influenza shintoista. In Giappone questo aspetto è più sentito, ed è questo che mi ha fatto fare un parallelismo tra ceramiche e persone”.
Manfredi presenta Kintsugi
“Con questo primo disco mi lascio conoscere, racconto due anni della mia vita in dieci tracce, senzainventare nulla”, continua Manfredi. “Anche per me è arrivato il momento di mettere insieme i pezzi”: i primi tasselli di questo percorso musicale sono stati i singoli “Hollywood”, “Doveva essere oggi” e “Milano droga”. Ci sono delle fragilità, nel disco, “Dove racconto le mie esperienze senza nascondermi. Però i pezzi poi si rimettono insieme”. I pezzi della sua anima, e di quelle di chi ascolta le sue canzoni: i temi sono universali, alla fine nessuno scappa da certe situazioni. Dalla provincia milanese Manfredi si è trasferito in città, dove si è laureato; dalle serate con gli amici è passato a vivere Milano come abitante e non solo visitatore occasionale, ci sono state le conoscenze e gli amori, e tutto questo lo abbiamo trovato in “20143 Milano Navigli, “Noi meno tu”, “Cuffiette” (i suoi brani più noti, che hanno superato i 4 milioni di ascolti totali).
Ma ci sono altri pezzi che può essere divertente ricostruire nella carriera (breve ma fortunata) di Manfredi: ha scritto la sua prima canzone quando era poco più che maggiorenne, registrandola il giorno prima del suo orale di maturità. Ha pubblicato “Hollywood” il giorno dopo essersi laureato al Politecnico. Poi è arrivata la pandemia, “Mesi in cui entravo in studio di registrazione per uscire e tornare a casa, al limite ho frequentato gli spazi che l’università ha tentato di lasciare aperti per gli studenti. Si è tutto bloccato, per tutti”, però il disco c’è, ha dieci pezzi belli che si incastrano perfettamente tra loro e, sicuramente, nelle vite di tante persone. Al di là dell’estetica, che comunque nella musica ha un suo valore.