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La guerra è finita: gli occhi dei bambini per raccontare la Shoah

Tempo di Lettura: 4 minuti La guerra è finita, fiction Rai che parla della Shoah con gli occhi dei bambini. Come in Braccialetti Rossi anche qui saranno loro i protagonisti.

La Guerra è finita - Credit by: Hai sentito che musica

Alla casa del Cinema di Roma in Largo Marcello Mastroianni si è svolta la conferenza stampa e la visione della prima puntata della nuova fiction Rai La Guerra è finita.

Contestualizzare la logica di questa nuova serie firmata Rai non è difficile: gennaio è il mese della memoria che convoglia nella giornata mondiale della memoria, il 27, dove varie sono le iniziative ogni anno per ricordare lo sterminio degli Ebrei.

Cadere nella retorica quando si tratta di argomenti come la Shoah non è affatto difficile. Questa volta però si decide di affrontare l’argomento parlando dell’immediato dopo guerra, momento in cui si cerca di ricostruire, di reinventare, in una sola parola: di RICOMINCIARE.

Si ricomincia proprio da quella parte di società più pura che ha subito le decisione dei grandi senza diritto di replica né di difesa alcuna, i bambini. Da qui si intrecciano le vicende dei piccoli protagonisti appena liberati dai campi di concentramento. Tornati in Italia dopo la liberazione, alcuni troveranno dei parenti da cui tornare, altri invece si ritroveranno completamente soli e con una vita da reinventare. Una vita difficile e dilaniata dagli orrori della guerra, una guerra che li ha colpiti nei loro affetti e nella loro crescita.

Intrecciate alle vite dei ragazzi si svolgono le vicende dei protagonisti interpretati da Isabella Aragonese e Michele Riondino. Isabella è Giulia psico-pedagoga di buona famiglia vissuta lontana dalla guerra ma dilaniata dal senso di colpa per aver avuto un padre collaborazionista. Michele è Davide, un ebreo ingegnere al quale vennero deportati moglie e figlio. Lui riuscì a scampare ai rastrellamenti per un caso fortuito (o non fortuito come lui stesso afferma) ed ora è alla ricerca di suo figlio nella speranza di trovarlo nei bambini finalmente liberati dai Lager.

In questo quadro, emblematica è la figura di Giovannino, un bimbo di 5 anni che non parla a causa delle atrocità che ha vissuto ma che ha ancora negli occhi quella speranza che solo i bambini riescono a mantenere.

Le vicende si snoccioleranno in 4 puntate che andranno in onda su Rai uno dal 13 gennaio.

Ascoltare la nascita della serie dalle parole di coloro che l’hanno ideata ha ancor più reso l’idea di quale è stato il percorso intrapreso per trattare un tema ancora così doloroso.

Ognuno ha apportato qualcosa inserendo il proprio modo di vedere e approcciarsi a questa Storia.

Michele Soave, regista della serie tv, afferma: “La storia che stavamo per raccontare mi ha ricordato il Re degli Elfi di Goethe: un papà che corre galoppando all’impazzata in una notte tempestosa stringendo al petto il suo bambino nella speranza di riuscire a salvarlo…Ecco, raccontare quel raggio di speranza era il mio compito.”

Ma non è il solo ad essersi ispirato ad una narrazione per riuscire a costruire o ricostruire la Storia. Sandro Petraglia, sceneggiatore della serie e noto per la fiction di successo Braccialetti Rossi, prende la sua ispirazione dalle pagine de La Tregua di Primo Levi dove i bambini vengono descritti come uccelli di passo, in particolar modo nella figura di Hurbinek, bimbo che muore poco dopo la liberazione dal campo di Auschwitz.

Ascoltarli raccontare la nascita della serie è un po’ ripercorrere insieme i passi che hanno portato alla messa in scena della storia. Si perchè non si tratta solo di un’opera di pura fantasia: i fatti si ispirano alle vicende dei bambini di Selvino, paesino nel Bergamasco che ospitò centinaia di bimbi e ragazzi sfollati dai campi di sterminio.

Raccontare e vedere questa parte di Italia bella è ciò che fa sorridere un po’ il cuore nonostante la tragicità degli eventi, senza mai dimenticare che il pensiero fascita DEVE rimanere un crimine come lo stesso Michele Riondino afferma durante la conferenza.

Isabella Aragonese ha forse il compito più difficile tra i personaggi, è suo infatti il ruolo di ascoltare e provare a lenire le ferite interiori che i lager hanno inferto ai bambini e ai ragazzi durante la prigionia. La Aragonese dichiara che la parte più dura è stata quella dell’immedesimarsi nella posizione di colei che ascolta per la prima volta i racconti e le tragedie che sono avvenute. Questo per lei converge nel ruolo di saper raccontare in maniera sempre nuova la storia che si conosce in modo che sia comprensibile dalle nuove generazione. A completare il commento è Andrea Bosca, co-protagonista della serie, che sottolinea l’importanza di raccontare la storia come è avvenuta altrimenti verrà sostituita con altre storie. Questo nessuno di noi se lo può permettere.

Impossibile arginare le polemiche, se infatti la serie sembra compiacere tutti a livello di regia e di interpretazione, ancora oggi il tema dello sterminio degli ebrei sembra non mettere tutti d’accordo. La provocazione nata durante la conferenza è relativa alla retorica che può insorgere nel trattare argomenti di questo tipo, ma, come lo stesso produttore Carlo degli Esposti sottolinea, se raccontare vuol dire fare retorica allora meglio morire di retorica (qui il video degli interventi di Michele Riondino e Carlo degli Esposti durante la conferenza stampa).

La Guerra è finita – conferenza stampa

Dare vita a storie come questa non permetterà alle persone di riavere le proprie vita, di cancellare l’orrore di cui ci si è deliberatamente macchiati decidendo di promuovere le leggi raziali in Germania e in Italia, ma possiamo garantire che tutto ciò non succeda mai più. Perchè non esistono razze, non esistono supremazie, ma solo popoli umani che devono camminare insieme alla ricerca della pace in questo nostro mondo.

Dedichiamo l’articolo alle vittime della Shoah, perchè nessuno dimentichi mai cosa vi è stato fatto.

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Tag: , , , , , , , , Ultima modifica: 8 Gennaio 2020
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