Maria Cueto: l’immaginaria con la fibra forte e autentica

Il Kutxa Fundazioa Kubo Sala di San Sebastián ha inaugurato il suo ventennale con un’esposizione dedicata al pittore informale e astratto María Paz Jiménez, nata a Valladolid ma residente, in larga parte della sua carriera, nella città basca, proseguendo poi con un’altra mostra dedicata agli anni Ottanta.

Intrecciare l’effimero: trame, ripetizione, geometria e circolarità

Sotto la protezione della stazione di polizia di Leire Vergara, si sviluppa un percorso artistico che esplora l’evoluzione del suo lavoro negli ultimi quattro decenni, attraverso le sue molteplici forme di approccio alle fibre. La sua ricerca comprende tentativi di realizzazione di sculture minori, create con materiali tessili, che in alcuni casi sono state accompagnate da riflessioni filosofiche o politiche, nonché dalla creazione di immaginari diversi. Durante tutto questo periodo, María Paz Jiménez ha mantenuto viva la propria vocazione al lavoro con queste fibre, anche quando esse sono state marginalizzate rispetto alle discipline artistiche considerate più direttamente contemporanee.

Attualmente sono una cinquantina le composizioni raccolte nella mostra a San Sebastián, tra opere tessili, bozzetti preparatori delle sue creazioni più grandi e trame di acetato. Le opere più recenti risalgono al 2023, accompagnate da documentazione dettagliata che ne illustra i passaggi: quaderni di appunti, schizzi, fotografie e cataloghi.

María Cueto. Waves, 2020. Astuias Museum of Fine Arts. Fotografia: Iñigo Royo

Una tradizione breve ma significativa nell’arte tessile

María Cueto ha deciso di inserirsi in una tradizione artistica che, dai anni Sessanta e Settanta, ha dedicato attenzione all’arte tessile, con l’obiettivo di contribuire con questa tecnica alle proposte espositive e di stimolare uno sviluppo sensoriale tattile oltre a quello visivo tra il pubblico. Questa tendenza ha affermato, nel tempo, il valore della fibra come materiale contemporaneo, grazie anche alla considerazione di figure come Grau-Garriga e Aurèlia Muñoz.

Dopo aver lasciato traccia delle proprie impronte concettuali ed estetiche, l’artista asturiana María Cueto ha iniziato a lavorare con i primi oggetti di macro-manipolazione, come cinture, nastri per capelli, orecchini e tubetti per sigarette, realizzati in tecniche di tricot e macramé. Questi pezzi, pur rispondendo a esigenze quotidiane, sono diventati un modo per studiare i meccanismi dei nodi, le variazioni di composizione durante i processi manuali e l’abilità manuale delle mani, cercando di mantenere un’apparenza semplice ma ricca di intenzioni nascoste.

Diffusione e sperimentazione negli anni Novanta

Negli anni Novanta, Cueto si è avvantaggiata del periodo trascorso ad Arteleku, un centro di sperimentazione artistica nel Paese Basco, che le ha offerto l’opportunità di entrare in contatto con altri artisti affermati e di esplorare nuove tecniche, come la stampa serigrafica. In questo arco temporale, le sue creazioni tessili si sono orientate verso la lentezza e la sperimentazione, generando trame e orditi a partire da diversi elementi, spesso con un approccio più metodico e meditato.

Con la perdita di spazio dei lavori manuali tradizionali, Cueto ha rivolto l’attenzione alle fibre naturali, cercando di collegarle a pezzi dal carattere più popolare e quasi ancestrale, che tendevano a divenire strutture bidimensionali. Le serie Lettura interna (1992-1995), Memoria dell’impianto (1993-2000) e Canne di memoria (1994-2002) riflettono con precisione l’origine vegetale del materiale, partendo dal tracciato del filo intrecciato e dal campionamento di tali tracce.

Opere iconiche e il rapporto con la luce

Tra le sue prime realizzazioni degli anni Novanta, si conta Tessuto lampada (1993), un pezzo che unisce una funzione pratica e sperimentale: filtrare la luce e studiarne le ombre, generando giochi di contrasti e effetti temporali. Nel 1996, crea Trama del tessuto tessile per lampada, in cui la struttura del tessuto si trasmette delicatamente attraverso la luce, creando un’interazione dialettica tra forma e ombra, tra interiorità e percezione esterna.

Per Memoria dell’impianto, si pensa a un’opera che si possa concepire come un elemento artigianale di grande scala, pensato per essere contemplato e attraversato dalla luce, che genera contrasti e dinamismi nello spazio. Allo stesso modo, in Canne di memoria, si evidenzia il passaggio da una superficie bidimensionale a una disposizione tridimensionale, per valorizzare la luce e il volume, grazie alla necessità di più spazio e profondità.

María Cueto. Dream Tree, 2004. Fotografia: Juantxo Egaña

Dal 2000, ricerca del volume e dell’interazione spaziale

Dalla metà degli anni Duemila, Cueto ha proseguito nel suo percorso di sperimentazione, cercando di integrare il volume nelle sue opere e orientandosi verso uno spazio site-specific, capace di provocare un impatto più diretto e coinvolgente sul pubblico. Tra i lavori più significativi figurano Albero da sogno (2004) e Gaia: Air Purple (2006), entrambe caratterizzate da texture che proiettano ombre e forme sull’ambiente, assumendo anche un aspetto volumetrico e immersivo rispetto alla mostra.

Da allora, ha continuato a lavorare lungo due filoni principali: uno dedicato alla sperimentazione formale e un altro rivolto a trasmettere messaggi critici o immagini simboliche attraverso la forma. La sua costante predilezione per materiali vegetali posiziona l’artista tra le personalità attenti alle questioni ecologiche, fin dai primi lavori.

A volte, utilizza geometrie che richiamano radici astratte, con elementi vegetali organici che sembrano rivendicare un rapporto più fluido tra scienza e creazione artistica, evidenziando l’interconnessione tra natura e tecnologia.

María Cueto. Gaia, 2006. Fotografia: Juantxo Egaña
María Cueto. Goccia d'acqua, 2013. Museo San Telmo. Fotografia: Iñigo Royo

María Cueto. “Intrecciare l’effimero: trame, ripetizione, geometria e circolarità”

KUTXA FUNDAZIOA

Mikeletegi Pasalekua, 81

San Sebastián

Dal 20 giugno al 28 settembre 2025

Terzo Matni

Terzo Matni

Mi chiamo Terzo, fondatore di Hai sentito che musica e appassionato di cultura in tutte le sue forme. Da sempre esploro con curiosità suoni, immagini e storie che fanno vibrare l’Italia contemporanea. Nei miei articoli racconto ciò che mi emoziona, mi sorprende e alimenta la mia voglia di condividere la scena culturale italiana.

Lascia un commento

sedici − 9 =