Recensione del Giardino di Miss Myrtle al Bush Theatre: un’esperienza teatrale coinvolgente in Italia

Una commovente riflessione sulla memoria e l’amore: “Il Giardino di Miss Myrtle”

È raro trovare una pièce di teatro giovanile che tratti il tema della demenza con tanta delicatezza, empatia e profondità come fa l’opera Il Giardino di Miss Myrtle di Danny James King. La scena teatrale italiana potrebbe beneficiarne molto, poiché questa rappresentazione, ricca di introspezione e umanità, affronta un argomento delicato che riguarda molti familiari e persone anziane.

Una performance centrale che incanta

Il cuore pulsante di questa produzione è un’interpretazione straordinaria della protagonista, Diveen Henry, che dà vita a Myrtle, un’ottantaduenne il cui mondo si popola di ricordi e fantasmi tanto quanto dai gerani e dalle ortensie che coltiva nel suo giardino. La recitazione di Henry trasmette con grande authenticità il senso di perdita, ma anche di vitalità di questa donna fragile ma determinata. La scena si apre su una donna che siede in una sedia da giardino all’interno di un palco simboleggiante uno spazio verde, creando un’atmosfera intima e coinvolgente, che invita lo spettatore a immergersi nella sua complessa realtà.

La regia e la scenografia che intensificano il dramma

La regia di Taio Lawson, nuovo direttore artistico del The Bush Theatre, dà un ritmo crescente di tensione e mistero fin dai primi attimi. La scenografia di Khadija Raza rappresenta un cerchio di erba circondato da aiuole di fiori, mentre sopra si staglia un disco di luce che si trasforma, grazie alle variazioni di colore di Joshua Gadsby, passando da tonalità vivaci a un nero profondo. La partitura sonora di Dan Balfour è un intreccio di suoni, frammenti di dialogo e brani musicali, che contribuiscono a creare un’atmosfera suggestiva e spesso inquietante.

Un giardino di emozioni e conflitti familiari

Miss Myrtle è il regno di una donna che governa con autorità e pungente’irriverenza. “I tuoi migliori e i miei non sono gli stessi”, dice al marito Melrose (interpretato da Mensah Bediako) mentre lui si dedica a zappare nel suo giardino. Tuttavia, ben presto è evidente che il suo rapporto con la realtà sta perdendo stabilità. Quando i suoi nipoti Rudy e Jason si trasferiscono con lei per risparmiare, si trovano ad affrontare il problema di come prendersi cura di una donna venerabile e difficile, che si percepisce come una presenza potente e vulnerabile allo stesso tempo.

Il dolore e la malinconia emergono anche attraverso il personaggio di Eddie, il vicino irlandese interpretato da Gary Lilburn. Eddie, solo dalla morte della moglie, si prende cura del giardino e di Myrtle, sebbene sempre nel rispetto dei suoi limiti. “Sono Miss Myrtle, Eddie, noi e te non siamo famiglia”, le dice, quando lui si inserisce in uno scherzo, sottolineando la distanza e l’affetto sottile che li unisce.

Tra realismo e immaginazione

La tonalità dello spettacolo si muove tra il naturalismo e il mondo della fantasia, creando un equilibrio difficile da mantenere. La regia di Lawson, a volte, può risultare troppo pomposa, come se si volesse enfatizzare troppo ogni scena. Tuttavia, la scrittura di King si distingue per una percezione acuta della vita e per un umorismo sottile, rendendo evidente la complessità delle vite narrate.

Le tensioni e i segreti di una famiglia

Rudy e Jason sono innamorati, ma Rudy, alle prese con il lutto del padre e con il decadimento mentale della nonna, tende a nascondere la verità. Michael Ahomka-Lindsay e Elander Moore rendono molto bene questa tensione, riuscendo a trasmettere anche l’affetto reciproco tra i due ragazzi. Lilburn e Bediako offrono, a loro volta, la sensazione potente di uomini che cercano di adattarsi all’universo di Myrtle e di modulare il loro amore per lei, rispondendo alla sua forte personalità.

Tuttavia, è Diveen Henry che rappresenta il fulcro emotivo della pièce. Con grande maestria, impartisce direttive e insegna modalità di vita – “essere difficile è meglio che essere facile” – con tempi perfetti, ma anche con una tristezza crescente, segno di una donna che sta lentamente perdendo il controllo di un regno e di una famiglia che ha plasmato secondo i propri principi di giustizia e cuore. “Diventare dura è stato l’unico modo che avevo per mantenere la mia dignità”, confessa, spiegando perché non ha mai pianto la morte del figlio.

Un addio silenzioso e struggente

Un’ombra di tristezza attraversa il volto di Myrtle mentre parla, toccandosi con gesti quasi involontari il vestito, prima di raddrizzarsi e proseguire la sua sovranità. Tutto ciò che resta invisibile sono le parole e le emozioni che rendono Il Giardino di Miss Myrtle una narrazione così struggente. La pièce mostra con intensità come, di fronte alla perdita di controllo e all’ineluttabile invecchiamento, sia difficile per una donna mantenere il suo ruolo di matriarca, e quanto questa lotta può essere dolorosa e solitaria.

Terzo Matni

Terzo Matni

Mi chiamo Terzo, fondatore di Hai sentito che musica e appassionato di cultura in tutte le sue forme. Da sempre esploro con curiosità suoni, immagini e storie che fanno vibrare l’Italia contemporanea. Nei miei articoli racconto ciò che mi emoziona, mi sorprende e alimenta la mia voglia di condividere la scena culturale italiana.

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