Michaelina Wautier: Barocco e flamenco, l’arte sottovalutata che torna

Lo splendore delle sue pennellate, la sua versatilità e l’ampia gamma di temi che ha esplorato – dai nudi maschili alla pittura di storia, un terreno alquanto raro tra le donne artiste – e la disinvoltura nel rendere quelle stesse anatomie, riferite a una grande figura del Barocco fiammingo, come Michaelina Wautier (1614-1689), fanno di lei una presenza che, per molti, rimaneva poco nota. Il suo nome, infatti, è diventato familiare solo a pochi intimi.

Alla sua morte, cadde pressoché nell’oblio e il suo lavoro fu soggetto a attribuzioni errate che hanno resistito per troppo tempo, una condizione che rendeva urgente una ricostruzione accurata. Da qui nasce l’importanza dell’antologia curata dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, realizzata in collaborazione con la Royal Academy di Londra e destinata a viaggiare nel 2026. Questa esposizione riunisce quasi tutto ciò che oggi si può considerare parte integrante della sua produzione, offrendo al pubblico una visione ampia e inedita della sua attività.

È probabile che sia nata a Mons, in una famiglia istruita e agiata che le avrebbe consentito di dedicarsi alla pittura, sebbene non vi sia traccia di una formazione accademica formale. Divenne però una figura riconosciuta negli ambienti intellettuali e artistici della corte asburgica a Bruxelles, città in cui abitava con il fratello maggiore, Charles Wautier, anche lui pittore.

Forse condivisero percorsi di studio, ma resta un mistero se avessero collaborato effettivamente alla realizzazione di grandi opere. Il fatto di non essersi mai sposata potrebbe essere una scelta orientata alla dedizione alla pittura, sebbene manchino dati biografici, documenti o lettere come fonti informative: ciò che resta è il corpo di opere, che giunse a costituire una collezione apprezzata tantissimo dall’arciduca Leopoldo Guglielmo, governatore di Bruxelles e grande collezionista.

Questa è un’opera firmata: contrariamente a molti artisti del suo tempo, Wautier utilizzò il suo nome completo nella forma latina (non “Michelle”, ma “Michaelina”), forse per sottolineare sia la sua istruzione sia la sua indipendenza. In due dei suoi dipinti è andata oltre: impiegò la formula Invent et fecit (concepito ed eseguito), forse in risposta a chi avrebbe potuto mettere in discussione la sua creatività.

Nell’ambito di questa mostra, si potranno ammirare circa ventinove dipinti, un disegno firmato e un’incisione basata su un’opera perduta, elementi messi in rapporto con reperti di antichità classiche e con i maestri fiamminghi come Rubens e Van Eyck. La maggior parte della sua produzione è giunta al Kunsthistorisches Museum grazie alla collezione dell’arciduca Leopoldo Guglielmo, ma opere della Wautier si trovano anche in raccolte austriache e in fondi privati; si potranno contemplare i suoi capolavori principali (Triumphus Bacco, San Joaquín Reading, San José) e una serie intitolata I cinque sensi, esposta per la prima volta in Europa, insieme a un autoritratto, a una splendida Ghirlanda di fiori con farfalla, a ritratti di bambini, ai temi di Babbo Natale e a Santa Dorotea, a un missionario gesuita, Martino Martini, o a una scena de L’educazione della Vergine.

La curatrice Gerlinde Gruber ha lavorato per estrarre dalle immagini elementi che non erano facilmente individuabili altrove: ha rintracciato influssi van Dyck, van Loon e Crayer nella grazia e nell’eleganza di Wautier, e chiaroscuri che richiamano Caravaggio.

Questa retrospettiva prende avvio con composizioni di tema biblico o religioso: tra queste si distingue L’educazione della Vergine (1656), che ritrae la giovane Maria mentre impara a leggere, valorizzando magistralmente la luce. Nei ritratti di Babbo Natale e di Santa Dorotea (1655) emerge invece la sua abilità nel cogliere la profondità psicologica dei personaggi.

Michaelina Wautier, pittore. Kunsthistorisches Museum, Vienna
Michaelina Wautier. Babbo Natale e Santa Dorotea, intorno al 1655. Royal Museum of Fine Arts Antwerp - Community Flemish

I suoi ritratti hanno un posto a parte: rivelano legami stretti con la Corte di Bruxelles e con i committenti più influenti. Ritrae militari e prelati con una nitidezza notevole; nel caso di Martini, è raro che un uomo della sua età venga reso con la sensibilità di una donna. Lo studioso e cartografo Martino Martini, autore di un Atlante stampato in Cina e dedicato all’Arciduca Leopoldo Guglielmo, mostra come nel lavoro di Wautier si incrocino riferimenti alle corti fiamminghe con interessi per l’Oriente lontano.

È probabile che, se l’artista fosse stata menzionata in documenti di Leopoldo Guglielmo, disponesse di una rete di collezionisti consolidata e che una ricevuta di acquisto testimoniasse una sua remunerazione per il lavoro svolto.

Michaelina Wautier. Ritratto di Martino Martini, 1654. The Klesch Collection, Londra

Nei vani adiacenti sono conservate opere dei fratelli Wautier (dipinti devozionali e pale d’altare) poste in confronto a capolavori di Rubens, di Anthonis van Dyck, di Jacob van Oost il Vecchio, di Cornelis Meyssens, di Pieter de Jode il Giovane, di Cornelis Galle il Vecchio e di Theodoor Van Merlen, offrendo una chiave sulla rete di frequentazione artistica dell’epoca e sull’influenza delle opere di famiglia all’interno di un contesto più ampio.

La mostra presenta una parte significativa della collezione dell’Arciduca: sebbene si fosse a lungo pensato che l’opera di Wautier fosse perduta, la sua riscoperta ha permesso per la prima volta di chiarire l’origine di Michaelina Wautier a Mons e di attribuire tre dipinti ai fondi del Museo di storia dell’arte di Vienna: San Joaquín Reading, San José e San Joaquín. Quest’ultimo è stato attribuito erroneamente alla sorella Magdalena nella lista inventariale del 1659, ma una nota contemporanea sul retro, attribuita probabilmente a David Teniers il Giovane, curatore della collezione dell’Arciduca Leopoldo Guglielmo a Bruxelles, nomina esplicitamente “Michelline Woutiers” come autrice.

Il dipinto di San Joaquín non era stato esposto pubblicamente dal 1781. Un’analisi radiografica ha mostrato che originariamente era rettangolare: divenne ovale a seguito di interventi drastici durante la riorganizzazione della Galleria Imperiale sotto Carlo VI e, fino al 1967, non fu restituito al formato originario, sebbene in seguito sia stato mantenuto nella memoria museale.

Lo spirito innovativo del pittore è celebrato in una sezione dedicata al suo autoritratto, in cui si presenta come un’artista sicura di sé, dinanzi al cavalletto e con gli strumenti del mestiere a portata di mano. È sorprendente constatare come, in quel periodo, gli artisti lavorassero attraversando i segni sociali di riconoscimento che li accompagnavano (catene d’oro, medaglie e decorazioni) e come sentissero la necessità di riaffermare la propria identità attraverso la pittura.

Michaelina Wautier. Bacco Triumph, intorno al 1655-1659. Museo Kunsthistorisches

Nell’imponente dipinto Triumph Bacco, Wautier appare di nuovo:stringente nei panni di una Baccante, con il volto rivolto direttamente agli osservatori e un gesto potente di autoaffermazione. La padronanza del nudo maschile, probabilmente acquisita attraverso studi e disegni privati con modelli, ha portato a una attribuzione errata nel tempo, che lo aveva accostato a botteghi di maestri come Rubens o Luca Giordano.

E con humor e sensibilità si sviluppa anche la serie intitolata I cinque sensi (1650), raffigurazioni di infanzia che rivelano l’acutezza dell’osservazione e la capacità di ritrarre. Poco dopo, ne venne eseguita un’altra scena di genere: Bambini che soffiano bolle (1650-1655), un’allegoria della transitorietà della vita.

Michaelina Wautier. The Five Senses (Odore), 1650. Rose-Marie e Eijk Van Otterloo Collection, Boston

Anche i fiori, centrali nel loro spirito di rinnovamento, mostrano una sperimentazione unica: quelle ghirlande dipinte sul tavolo, ad Anversa nel 1652, mescolano le convenzioni della pittura floreale barocca con motivi ricorrenti, offrendo un approccio originale all’arte fiamminga. Il suo unico disegno noto, Studio di un busto di Ganimede, i Medici (1640-1650), richiama invece l’interesse per l’antichità, probabilmente derivato da un viaggio a Roma, oppure dall’influenza del fratello Carlos o dalla sua conoscenza delle collezioni di antichità locali.

La storia dell’arte fu per lei un viaggio di scoperta al quale voleva appartenere pienamente.

“Michaelina Wautier, pittore”

Museo Kunsthistorisches

Maria-Theresien-Platz

Vienna

Dal 30 settembre 2025 al 22 febbraio 2026

Terzo Matni

Terzo Matni

Mi chiamo Terzo, fondatore di Hai sentito che musica e appassionato di cultura in tutte le sue forme. Da sempre esploro con curiosità suoni, immagini e storie che fanno vibrare l’Italia contemporanea. Nei miei articoli racconto ciò che mi emoziona, mi sorprende e alimenta la mia voglia di condividere la scena culturale italiana.

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